Riccardo e Manuela mi raggiungono nel podere di Rivalto. Manuela ha i capelli riccioli e neri e folti e tantissimi.
La verità è che ti penso più di quanto dovrei. Dovrei? Non m’importa. Glielo lascio fare.
Ti penso non sempre ma capita e quando fai così diventi così tanto presente che posso toccarti.
Mi domando sempre cosa sia successo perché non me lo ricordo. Come mai non abbiamo preso il tronco di abete e non l’abbiamo sbattuto sulla roccia? Era così semplice. Poi il caminetto e le coperte fatte con la pelle di lupo. Le querce che quando cade la stagione subito fa a gara con i faggi. Per chi s’ignuda per primo. Così avremmo fatto anche noi che il freddo fa bene ai pori della nostra carne e ci fa stare in salute e pronti per l’inverno. Poi facciamo l’amore e caldi caldi ci addormentiamo.
Invece uso il condizionale perché tu qui non ci sei. E dove sei? Non me lo ricordo.
Riccardo mi dava retta, all’epoca. Così abbiamo divertendoci cominciato a smontare questa roulotte che stava sopra il piazzale del parcheggio. L’idea era quella di farci una cucina dento. Era una di quelle stagioni dell’et dove ogni cosa si può fare basta che hai il potere di immaginarla. Poi l’ho presa a martellate quella roulotte. E l’ho buttata giù. La Spaghetteria sarebbe stata più comoda sotto dei tendoni. E noi intorno al fuoco a guardare le stesse. Rosolati bene bene.