Le parole sono importanti, importantissime. Ne parlavamo lunedì scorso.
Oggi non ho un titolo per l’articolo della rubrica #illunedìdelcoach. Non ho un titolo e il mondo dello sport continua a perdere pezzi.
Uno di questi pezzi, nella contingenza che stiamo vivendo, ha un nome e cognome pesante.
No, non sto parlando di Diego.
Mi riferisco alla partecipazione del pubblico agli eventi sportivi.
Premessa: sono perfettamente allineato con chi, governando, antepone il benessere della collettività alla partecipazione live della stessa agli eventi sportivi e culturali.
Detto questo, mi chiedo: quanto può durare? Possiamo permetterci, come collettività, di escludere la partecipazione fisica alla vita sociale? Possiamo permetterci di immaginare, o peggio di progettare, una vita relegata davanti agli schermi e completamente mediata dagli apparecchi digitali? Possiamo escludere il corpo degli esseri umani all’esperienza collettiva?
No. No. E no.
Attendiamo e navighiamo a vista le onde dell’attuale pandemia.
Poi, quando possibile e come faceva Enea, riportiamo la gente nelle arene e sui parquet.
Senza se, senza ma e senza virtualità.