Oggi parliamo di… flow!
Il primo articolo della rubrica annunciata una settimana fa non poteva che essere dedicato al motivo principale per cui sono innamorato della pallacanestro.
Durante la vita incontriamo molte realtà diverse e rimaniamo in contatto con quelle che ci hanno più emotivamente colpito, in positivo o negativo. Il basket, in questo senso, mi ha letteralmente fulminato!
Sì, perché è uno tra gli sport che…si ferma meno!
E’ uno sport elettrizzante: il ritmo di gioco è costante e vibrante, potenzialmente forsennato, e continuamente subisce variazioni in base a quello che succede. Le azioni di attacco e di difesa non hanno un tempo predeterminato se non il doversi compiere entro i 24 secondi concessi da regolamento.
I giocatori, eseguendo sia l’attacco che la difesa, stanno in campo sempre attivi. Devono stare lì e ci sono poche pause, insidie e potenziali nemiche dello stato di grazia della squadra e dei singoli giocatori.
Per esprimersi nel modo migliore e trarre il maggior vantaggio possibile da ogni azione, arrivando alla dominazione della gara e alla vittoria, l’atteggiamento che una squadra vuole avere è quello della continuità: essere nel flow.
Il flow è una parola che nasce negli anni 70,e viene poi presa in prestito dal rap: il flow nello slang vuol dire “flusso” ed è la capacità degli MC di rappare un pezzo mantenendo sempre la stessa metrica; viene anche utilizzata nella terminologia della psicologia sportiva per identificarsi come il precursore di una prestazione eccellente o “peak performance”. Un particolare stato di grazia in relazione alla pratica e alla gara.
“È on fire!” Mai sentito? Beh, vediamo cosa ha da dirci Tracy in proposito…
Quali sono i principali fattori che rendono possibile lo stato di flow nello sport?
- Favorire un totale coinvolgimento dell’attenzione sul gesto da eseguire, in modo da avvertire un senso di controllo su di Sé e sulla situazione;
- Perdere il controllo e la consapevolezza del trascorrere del tempo, lasciando libero l’inconscio di agire a proprio favore, con totale fiducia.
- Programmare obiettivi chiari e cercare riscontri istantanei su ciò che si sta facendo.
Lo stato di flow, studiato principalmente sulle prestazioni dei singoli atleti, può coinvolgere anche l’attività di gruppo, di squadra.
Arriviamo quindi alla domanda che tiene banco nella rubrica del lunedì: c’è un modo in cui tutto questo si può allenare?
Sicuramente ce lo stiamo chiedendo.
Considerando il tempo medio che un coach ha a disposizione e considerando che raramente ci sono dei momenti, preziosi, in cui si possono fare sessioni di allenamento individuali, ci sono delle tecniche che posso inserire nel mio piano di allenamento per stimolare i giocatori ad entrare nello stato di continuità, di flow? Posso inserire delle proposte che condizionino l’allenamento di squadra e che inducano i giocatori ad entrare nella continuità?
Posso farlo, diversificando le scelte, con un gruppo giovanile e con un gruppo senior?
I più scettici e i più adagiati sulle vecchie pratiche sono sicuro risponderanno così: no.
O il giocatore ha quel tipo di attitudine, quel tipo di carattere, oppure è inutile. Non serve a nulla, o ce l’hai o non ce l’hai.
La mia risposta è …forse!
Domanda sorgente: in che modo l’allenatore può modificare il piano di allenamento, le proposte didattiche (giovanili) o il gioco non in fase di gara (senior), per stimolare i singoli e la squadra ad entrare nel flow? Abbiamo la possibilità di farlo? Quali sono gli strumenti e le variabili a nostra disposizione?
Per quanto riguarda l’attività giovanile vorrei soffermarmi su una di queste: il tempo.
Premessa: nei confronti dei nostri giocatori giovani abbiamo l’obbligo di concedere sempre il giusto tempo all’apprendimento. Non possiamo costringerli a compiere gesti che non hanno ancora fatto propri aumentandone precocemente la rapidità d’esecuzione.
Detto ciò, ci sono dei momenti in cui possiamo intervenire senza compromettere la crescita e la formazione dei giovani atleti?
Se in una situazione di 5vs5, 4vs4 o 3vs3 diminuiamo il tempo concesso per effettuare la rimessa dal fondo, tre secondi al posto dei cinque della gara, che risultato otteniamo?
Stiamo stimolando la squadra ad agire più in fretta rispetto al tempo che viene dato in gara (dando per certo che le capacità di corsa e di esecuzione del passaggio siano state ben assimilate). Concediamo meno tempo per pensare “…abbiamo subito canestro. Questa non ci voleva! ” Chiediamo invece agli atleti, anche utilizzando la voce per sostenerli e spronarli, di continuare. “…keep going!”. Non li facciamo soffermare su quanto è appena successo ma li stimoliamo a reagire nel minor tempo possibile e suggeriamo di continuare ad attaccare il canestro senza pensare a cosa è appena successo…sapendolo!
Una possibilità simile, in ambito senior e di categorie giovanili U16 evolute, U18 o U20, la troviamo e la sperimentiamo con dei banalissimi e normalissimi esercizi. Ad esempio, di tiro.
Cosa faccio per indurre l’atleta a stare nel momento e a non pensare al risultato che ha appena ottenuto ma focalizzarsi su ciò che sta facendo? Aumento la velocità delle ripetizioni.
Un giocatore tira dalle sette posizioni del giro del mondo. Piedi a terra, deve solo torcere il busto o distendere le braccia verso la palla che gli viene passata dal compagno. Un tiratore e tre a rimbalzo, così che il tiratore possa eseguire con la massima velocità e con il maggior numero di tentativi nel minor tempo possibile.
Per concludere, l’importanza della continuità è data dal generare un momento in cui la squadra e il singolo atleta non vengano minacciati o intaccati dagli avvenimenti avversi che si verificano durante la gara. Non ho segnato? Continuo, segnerò il prossimo. Ho subito canestro? Subito mi focalizzo sul segnarne uno di risposta. Non mi do il tempo di pensare a quanto, di negativo, è appena successo.
Si è nel proprio momento e ci si può focalizzare sugli obiettivi istantanei che ci si prefigge.
Ci sono altre variabili, oltre al tempo, che possiamo modificare per introdurre nel nostro piano di allenamento il miglioramente e l’allenamento del flow, la ricerca della continuità e dell hic et nunc?
Che ne pensate? Quanto ho proposto vi solletica, lo trovate interessante? Non vi torna per nulla e avete idee completamente opposte o dissimili? Facciamocelo sapere, pensiamoci, scriviamoci!
Con la speranza che questo primo episodio della rubrica #illunedìdelcoach vi abbia stuzzicato, fatto riflettere o anche solo aggrottare la fronte,
ci vediamo lunedì prossimo con… l’importanza di decidere!
O, come dicono gli americani, il decision making.